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Non chiamatelo maltempo: questo è cambiamento climatico

La lettera aperta ai media degli scienziati

Cambiamento climatico

Il clima quest’estate sembra davvero impazzito, in Italia e in tutto il mondo. Alcuni potrebbero semplicemente pensare che ci sta rovinando le vacanze. Ma gli esperti sono allarmati e avvertono: non chiamatelo maltempo, questo è cambiamento climatico.

Estate 2023 e il maltempo

I media non fanno altro che parlare di maltempo in quest’estate 2023 che sta devastando ogni angolo del pianeta. L’Europa è stata travolta dall’ondata di calore più grave di sempre, con un aumento delle temperature medie dai 5 ai 10 gradi in più, rispetto allo stesso periodo dell’anno, negli anni precedenti.

Cambiamento climatico
Maltempo o cambiamento climatico

L’Italia ha contato ogni settimana e ogni giorno le città da bollino rosso. Abbiamo visto alluvioni devastanti e grandinate che hanno causato danni incalcolabili.

Sebbene tutto il mondo sta vivendo le cause del cambiamento climatico, negli ultimi mesi l’Italia sembra il paese più colpito e a dirlo sono proprio gli esperti.

L’Italia e il cambiamento climatico

Quest’estate 2023 è stata la più calda di sempre, o per lo meno da quando si registrano le temperature. Giugno e luglio sono stati i mesi più caldi di sempre e, proprio a luglio, è stato registrato il giorno più caldo di sempre e la settimana più calda di sempre.

Cambiamento climatico
L’estate più calda di sempre

Ma sono proprio gli esperti a confermare che il paese più colpito dai cambiamenti climatici di quest’estate è l’Italia.

L’estate non è ancora terminata, ma le parole degli esperti lasciano senza parole: “Non sappiamo ancora quanti morti provocheranno le ondate di calore di quest’estate, ma sappiamo quanti ne ha provocati il caldo intenso di quella scorsa: più di 60 mila nella sola Europa, 18 mila sono solo nel nostro paese, il più colpito.

Ondate di calore, alluvioni, siccità prolungate e incendi sono solo alcuni dei segnali dell’intensificarsi degli impatti dei cambiamenti climatici nei nostri territori”.

Non chiamatelo maltempo

Un gruppo di novantasei scienziati, tra i più importanti nel mondo, hanno firmato una lettera rivolta ai media, nella quale chiedono di non chiamarlo maltempo.

Cambiamento climatico
Cambiamento climatico

Chiamarlo maltempo può celare la gravità della situazione e lasciare intendere che, in realtà, è tutto normale. La verità è che queste sono le conseguenze del cambiamento climatico.

Omettere queste informazioni condanna le persone al senso di impotenza, proprio nel momento storico in cui è ancora possibile costruire un futuro migliore”, si legge nella lettera.

Tra i firmatari della lettera ci sono Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica, Luca Mercalli, Presidente della Società Meteorologica Italiana, Cristina Facchini, Presidente della Società Italiana per le Scienze del Clima, il filosofo Telmo Pievani e l’epidemiologo Paolo Vineis.

Il rischio, se non si dicono le cose come stanno realmente, è proprio quello dell’inazione. Parlando di maltempo si da l’impressione che sia un evento naturale e che non ci sia niente che noi possiamo fare per evitarlo.

I cittadini hanno il diritto ha un’informazione corretta e adeguata, “per dare a tutti e a tutte gli strumenti per comprendere profondamente i fenomeni in corso, sentirsi parte della soluzione e costruire una maggiore fiducia nel futuro”.

Cambiamento climatico: siamo ancora in tempo?

Da quanto si legge nella lettera degli scienziati ai media, quindi, siamo ancora in tempo per un’inversione di rotta, ma tutti i cittadini hanno il diritto di sapere che possono fare qualcosa per creare un futuro migliore.

Siamo ancora in tempo per scegliere il nostro futuro climatico. Siamo ancora in tempo per scegliere un futuro sostenibile che metta al primo posto la sicurezza, la salute e il benessere delle persone, come previsto dagli obiettivi europei di riduzione delle emissioni del 55% al 2030 e di neutralità climatica al 2050.

Possiamo farlo anche grazie a una corretta comunicazione e alla cooperazione tra noi tutti”, si legge ancora nella lettera aperta ai media.

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