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Umani vs AI: ecco il risultato della prima gara a ostacoli tenuta dalla NASA

In un mondo dove i robot riescono ad eseguire dei backflip, vedasi il caso Atlas, il confine tra intelligenza artificiale ed essere umano inizia a diventare sempre più labile, pur rispettando i dovuti parametri. Ma cosa accadrebbe se le due entità venissero a scontrarsi, uno contro uno?

A rispondere a tale domanda ci hanno pensato alcuni ricercatori della NASA che, lo scorso 12 ottobre, hanno organizzato nei laboratori jet propulsion di Pasadena, in California, una gara ad ostacoli per testare chi fosse più veloce tra un drone comandato da un pilota professionista in carne ed uno da un sistema basato sull’intelligenza artificiale. Andiamo a scoprire come è andata a finire.

Ecco la prima “drone race” tenutasi tra essere umano ed intelligenza artificiale

I ricercatori della NASA hanno precisato che questa tipologia di test è stata propedeutica agli studi in ambito dell’intelligenza artificiale e che i dati raccolti sono stati equivalenti a circa due anni di ricerca tradizionale. La gara, finanziata interamente da Google, ha contrapposto il meglio dei due mondi: da un lato tre droni con specifiche da gara, costantemente monitorati nell’intento di completare un percorso articolato nel minor tempo possibile e chiamati ironicamente JokerBatman Nightwing, e dall’altro Ken Loo, professionista e pilota della Drone Racing League internazionale. Secondo il rapporto della NASA, l’AI sulla carta era inizialmente in grado di battere il pilota umano scelto, ma nel corso della prova le doti artificiali non hanno prevalso sull’esperienza e sull’aggressività in campo del professionista. Va però sottolineato che i droni automatizzati prendevano una velocità di marcia mantenendola nel corso di tutta la gara, mentre quello guidato dall’uomo tendeva ad accelerare aggressivamente in alcune fasi, per poi decelerare in situazioni critiche o nei momenti di stanchezza. A vincere è stato il pilota professionista, pur non senza difficoltà, eseguendo una media giro di 11,1 secondi contro i 13,9 secondi delle controparti a guida autonoma. Ecco il video esplicativo della gara:

Ken Loo ha voluto così commentare il risultato della gara: “Questa è sicuramente la pista più faticosa sulla quale abbia mai gareggiato. Uno dei miei difetti come pilota è che mi stanco facilmente e quando sono mentalmente stanco, comincio a perdermi per il tracciato, anche dopo diversi giri completati correttamente”. Mentre i tempi di Loo hanno registrato variazioni nei tempi più marcate durante i primi giri, infatti, le controparti guidate dall’AI si sono dimostrate più costanti a livello prestazionale. Uno dei ricercatori coinvolti si è dimostrato positivo riguardo gli sviluppi futuri, affermando che “I nostri droni autonomi potranno volare ancora più velocemente“. Senza un pilota umano, i droni generalmente si basano sui GPS per trovare la loro strada, tuttavia in ambienti interni o aree urbane densamente popolate, non è un’opzione utilizzabile e la localizzazione va effettuata con sensori e telecamere.

Drone Race: il primo passo verso il futuro?

È ovvio che tali sfide non siano soltanto dei passatempi ludici, ma che rappresentino delle fasi necessarie per tarare al meglio gli algoritmi delle AI al fine di consentirne un uso sempre più massiccio nella vita di tutti i giorni. I test condotti sulle capacità delle intelligenze artificiali di governare in maniera sapiente  e reattiva dei velivoli apre nuovi scenari sui mezzi di trasporto a “volo autonomo” (non potendo parlare propriamente di “guida autonoma”). E questo non soltanto in ambito aerospaziale (NASA), ma anche commerciale: si pensi ad esempio all’implementazione di un’AI infallibile sui taxi volanti del futuro di Uber, o al corrispettivo di Google che di certo non mancherà, dal momento che Waymo è di Mountain View e che la stessa è tra i finanziatori del sistema di navigazione utilizzato nel test condotto dalla NASA.  Gli algoritmi saranno utilizzati anche per risolvere problemi complessi del mondo reale come il ripiegamento delle proteine o la progettazione di nuovi materiali ma, soprattutto, nella lotta contro il cancro. È di pochi giorni fa, infatti, l’annuncio in tal senso della partnership con il Cancer Research UK Centre dell’Imperial College di Londra. Che dire, il futuro è ormai arrivato. Non ci resta che imparare a controllarlo e non farci cogliere impreparati.

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