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Forse avrete visto che ultimamente stanno spopolando dei contenuti strani, non-sense. Un fenomeno globale che si traduce in un vero e proprio linguaggio creativo tutto nuovo che al tempo stesso aperto le porte ad un mercato redditizio. Stiamo parlando della brainrot economy, in realtà ti spinge attenzione verso cose strane che si trasformano in strategie di marketing che producono denaro. Espressione ironica che vuole descrivere quella che è la sensazione di vuoto mentale che si prova dopo che si è visto troppi contenuti senza senso.
Brainrot come linguaggio della Gen Z
Questo nuovo linguaggio e la cifra stilistica della Gen Z. Il brainrot cresce con TikTok, YouTube shorts e i feed infinitamente pieni di contenuti video brevi. Contenuti di cui questa generazione fa una vera e propria ricetta.
Mentre le generazioni precedenti cercavano nelle piattaforme social dei messaggi Ispirazionale o motivazionali, oggi la grammatica visiva è del tutto diversa. La generazione Z vive di video assurdi, personaggi improbabili e voci irreali. Montaggi video disorientanti che creano un fascino apparentemente inutile, che però intrattiene proprio per questo.

Non c’è bisogno di capire nulla, basta lasciarsi travolgere. Un modo di comunicare diretto che supera barriere culturali e linguistiche ed è basato su immagini e situazioni non-sense, al limite del paradosso.
Come nasce il movimento?
Un vero e proprio movimento quello del brainrot che nasce da trend che puntano inevitabilmente a vendere qualcosa. Ecco quindi che si parla appunto di brainrot economy, dove l’obiettivo di utilizzare questo nuovo linguaggio surreale è quello di monetizzare.
Non si tratta soltanto di pubblicare dei contenuti, ma piuttosto di produrre video, effetti sonori e pacchetti grafici utili ad alimentare questo tipo di estetica che può essere a sua volta utile per spingere le persone alla condivisione.
Ciò che cattura l’attenzione dell’utente infatti lo spinge a far vedere il contenuto ad altri. E se il contenuto, seppur paradossale, contiene qualcosa che potenzialmente può essere acquistato, senza nemmeno accorgersene l’utente si trova coinvolto nell’acquisto.
Brainrot e pubblicità: la nuova arma del marketing
Proprio per questo motivo, per questa sua natura, molte aziende hanno iniziato ad utilizzare il brainrot come strumento di comunicazione per spot pubblicitari e meme non-sense.
Abbiamo quindi mascotte gigantesche e grottesche che lanciano messaggi criptici utili ad inserirsi nei flussi digitali. Il rischio però è che ciò che oggi diverte sorprende nel breve periodo possa risultare vecchio e fastidioso. In pratica questo nuovo sistema è instabile per natura perché vive di una costante reinvenzione e cicli molto rapidi.

Inoltre, dietro questa sua facciata così ironica e spensierata, il linguaggio brainrot nasconde anche un lato scuro. Le nuove generazioni infatti hanno un problema: la riduzione della capacità di concentrazione. Abituati come sono a stimoli continui e contenuti senza una logica reale, l’utente più giovane fa fatica a mantenere l’attenzione su testi lunghi e narrazioni complesse.
Il risultato? Un appiattimento della cultura generale e della capacità di comunicare in maniera più profonda. Se questo linguaggio dovesse andare oltre il trend passeggero potrebbe quindi diventare una componente stabile della cultura digitale e rendere i nostri giovani degli adulti poco creativi e adatti all’attività di problem solving.
Il potenziale del brainrot
Il potenziale di questo linguaggio sta tutto nella possibilità di trasformare questi contenuti in business. È lo specchio di una generazione che trova nell’assurdo un modo per distinguersi e comunicare con gli altri. Riflette la qualità del futuro dei contenuti, ma anche del futuro delle nuove generazioni.
I giovani si trovano a dover percorrere strade di cui non vedono mai la fine. Un futuro caotico come i video che guardano ogni giorno, dove loro però trovano pace e ordine. Un modo tutto nuovo per vendere e fruire le piattaforme digitali che potrebbe distruggere parte di ciò che è realmente l’essere umano: il libero arbitrio.
