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L’uomo tornerà sulla Luna

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La NASA vuole tornare sulla Luna. Ormai è ufficiale, dopo 50 anni l’uomo tornerà nuovamente sul proprio satellite naturale. Le prime missioni partiranno l’anno prossimo, nel 2019, ma l’equipaggio sarà costituito solamente da robot. Nel corso del prossimo decennio, invece, si susseguiranno una serie di missioni con equipaggio umano, che ci permetteranno di camminare nuovamente sul suolo lunare.

Inizia l’esplorazione spaziale

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Il ritorno dell’uomo sulla Luna è solo l’inizio. La NASA, infatti, ha intenzione di usare il satellite come trampolino di lancio verso il vicino pianeta Marte e poi verso l’intero sistema solare. Per fare ciò l’agenzia spaziale ha nominato Steve Clarke vice amministratore associato per le esplorazioni della divisone delle missioni scientifiche. Clarke torna alla NASA, con la quale collabora dal 2000, dopo un periodo di assenza, durante il quale ha fatto parte del dipartimento della politica scientifica e tecnologia della Casa Bianca. Il compito di Clarke sarà quello di coordinare le missioni della NASA con la comunità scientifica e le aziende esterne. Sono, infatti, in moltissimi quelli che stanno apportando il proprio contributo per garantire il massimo della tecnologia del momento per la realizzazione dei prossimi avamposti lunari.

L’anno prossimo dovrebbero iniziare le missioni che porteranno sul suolo lunare tutte le tecnologie e le strumentazioni necessarie in preparazione del ritorno dell’uomo. Tra le varie missioni ve ne sono due dimostrative e le prime azioni robotiche sulla Luna. Entro Dicembre del 2021 è previsto l’arrivo del primo robot sul suolo lunare mentre l’allunaggio di un lander di media grandezza è previsto per il 2022.

Strumenti e tecnologie

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Avamposto lunare pensato dall’ESA

Come detto le prime missioni saranno senza equipaggio e serviranno per portare sul suolo lunare tutto ciò che gli astronauti delle future missioni avranno bisogno. Infatti, a differenza della prima passeggiata lunare del 1969, questa volta l’uomo approda sulla Luna non più per un brevissimo periodo ma per rimanere. L’idea di iniziare a colonizzare il nostro satellite, creando avamposti che aprano le porte al resto del sistema solare, è una voce che circola ormai da tempo. Tutte le più grandi agenzie spaziali del mondo promettono di volere essere tra i primi colonizzatori lunari, chissà se questa sia la volta buona.

Tutta la comunità scientifica sta contribuendo realizzando la strumentazione necessaria e testando nuove tecnologie adatte all’ambiente lunare. Tra le vari strumentazioni, la NASA ha intenzione di utilizzare anche quelle che facevano parte della missione Resource Prospector, recentemente cancellata. La missione prevedeva di scavare le prime miniere sulla Luna, con lo scopo di ricavare il materiale da utilizzare nella realizzazione di future basi per equipaggi umani e di esplorare un polo lunare.

Non sarà una nuova corsa alla Luna

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Come l’intera umanità ricorda la prima passeggiata lunare altra non fu che una sfida a chi per primo riusciva a mettere piede sulla Luna. Oggi, dopo 50 anni, le varie agenzie spaziali stanno cercando di collaborare, nella speranza di lasciare i confini geografici che hanno segnato la nostra storia sul pianeta Terra. A tal proposito, infatti, è stata addirittura disegnata la bandiera del pianeta Terra, con l’idea di poterla vedere un giorno svettare sul suolo rosso di Marte e in futuro di altri pianeti del nostro sistema solare o oltre. Mentre, sul suolo lunare, la bandiera che svetta rimane ancora quella Americana. La NASA rassicura che questa non sarà una nuova corsa alla Luna, eppure non è la sola a sognare di portare l’uomo nuovamente sul satellite, anche l’ESA (agenzia spaziale europea) progetta di utilizzare la Luna come trampolino di lancio per Marte. Anche Cina e Russia si apprestano a portare a termine nel prossimo decennio missioni sul suolo lunare, come ne sono la riprova i vari test ed esperimenti che i colossi mondiali stanno svolgendo.

Dopo 50 anni è decisamente ora di una seconda passeggiata spaziale, speriamo che questa volta sia visto non più come il successo di un singolo stato, ma come una conquista dell’intero genere umano.

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