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Biocomputer: computer fatti con le cellule del cervello

L'intelligenza degli organoidi è il futuro del supercomputer?

Biocomputer

Negli ultimi anni non si fa altro che parlare di intelligenza artificiale. Ma secondo alcuni scienziati l’intelligenza artificiale è limitata. Il problema è che stiamo facendo tutto il possibile per fare l’impossibile, ovvero rendere un cervello artificiale quanto più simile possibile a un cervello umano. È a questo punto che gli scienziati si sono chiesti: cosa succederebbe se facessimo il contrario? L’idea di base del biocomputer è questa: trasformare gli organoidi del cervello umano nelle basi per creare i computer del domani.

Biocomputer e l’OI

Questa futuristica e fantascientifica visione è stata ribattezzata Organoid Intelligence (OI), Intelligenza degli Organoidi e si contrapporrebbe all’attuale AI (Intelligenza Artificiale).

Gli scienziati che hanno immaginato tutto ciò sono un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins University, negli USA, e il progetto è illustrato in un articolo pubblicato sul Frontiers in Science.

Gli organoidi del cervello umano

Ma cosa sono gli organoidi? Gli organoidi di cervello umano sono cellule prodotte in laboratorio a partire dalle cellule staminali pluripotenti indotte. Quest’ultime sono in grado di differenziarsi da tutte le altre cellule e vengono utilizzate per studiare lo sviluppo neurologico e per comprendere meglio molte malattie.

Biocomputer
Organoidi

Si tratta di cellule che vengono già create in laboratorio con questi scopi e non sarebbero, perciò, una novità se introdotti nella scienza del biocomputer. Sebbene condividono molto con il cervello umano non si può dire che siano dei mini cervelli umani da laboratorio.

Essi somigliano al cervello umano. Con esso condividono la struttura, l’organizzazione, la funzione delle cellule e la connettività tra i neuroni.

Secondo il gruppo di ricercatori della Johns Hopkins University, guidati da Thomas Hartung, potrebbe essere possibile utilizzare gli agglomerati di organoidi per creare l’hardware del biocomputer, il quale svilupperebbe delle capacità di calcolo sempre più vicine a quelle di un cervello umano.

Biocomputer Vs Supercomputer

Ma un biocomputer come potrebbe uguagliare o superare un supercomputer? Sebbene sia vero che la potenza di calcolo del computer sia nettamente superiore a quella di un cervello umano, quest’ultimo è ancora molto più veloce nel prendere decisioni complesse basate sulla logica.

Biocomputer
Biocomputer Vs Supercomputer

Il computer impiega molto più tempo ad apprendere, se trasformiamo il tempo digitale a quello umano. Il supercomputer che ha battuto l’essere umano a Go, infatti, ha impiegato 160.000 partite per raggiungere quel livello. È come se un essere umano si fosse allenato per cinque ore al giorno per 175 anni.

E tutto questo senza considerare l’incredibile dispendio di energia. AlphaGo, il computer di cui parlavamo, ha consumato tanta energia quanto un uomo adulto in dieci anni, per allenarsi a battere l’essere umano.

Il biocomputer batterebbe il supercomputer anche per la capacità di immagazzinare informazioni. Come spiegano i ricercatori, infatti: “I cervelli hanno un’incredibile capacità di immagazzinare informazioni, stimata in 2500 terabyte. Stiamo raggiugendo i limiti fisici del computer in silicio perché non possiamo inserire più transistor di così in un piccolo chip. Ma il cervello umano con i suoi 100 miliardi di neuroni è connesso in un modo completamente diverso, che comporta un’enorme differenza di potenza rispetto alla nostra tecnologia attuale”.

Biocomputer: forse non dovremmo spingerci oltre

Siamo ancora molto lontani dall’immaginario biocomputer, ma il team ha già creato qualcosa che ci si avvicina. “Abbiamo sviluppato un’interfaccia cervello computer che è una specie di cuffia EEG per organoidi. È un guscio flessibile densamente disseminato di elettrodi che riescono a captare segnali dall’organoide e trasmettere segnali ad esso”.

Per molti ci stiamo spingendo già abbastanza oltre con l’intelligenza artificiale. Ma con l’intelligenza degli organoidi, forse, sarebbe davvero troppo. Se l’intelligenza degli organoidi potesse imparare, crescere ed evolversi, così come fa l’intelligenza artificiale, come dovremmo considerarla?

Essa è fatta di cellule umane, di cellule di cervello umano. Se arrivassero al punto di apprendere, di crescere, di provare dei sentimenti o dolore, dovremmo considerarli esseri umani? Dovremmo dargli dei diritti? Cosa avremmo creato? Dovremmo davvero proseguire con questa strada?

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