Chi sono gli hacker etici

Gli hacker non sono cybercriminali

Se pensiamo agli hacker pensiamo subito a dei criminali informatici, che utilizzano competenze e conoscenze molto avanzate per sottrarci denaro ed identità. Tuttavia ciò non corrisponde sempre alla realtà. Infatti, vi è una categoria di hacker definiti “hacker etici”, che non compiono nessun atto criminale, tutt’altro, possono essere molto utili ad aziende e governi. Conosciamoli insieme.

Definizione di hacker

Basterebbe una piccola ricerca per scoprire che la visione che abbiamo degli hacker è sempre stata sbagliata. La Treccani definisce un hacker come “un’esperto di programmazione e di reti telematiche che, perseguendo l’obiettivo di democratizzare l’accesso all’informazione e animato da principi etici, opera per aumentare i gradi di libertà di un sistema chiuso e insegnare ad altri come mantenerlo libero ed efficiente”.

Gli hacker non sono cybercriminali, anche se con il tempo il termine è stato associato a qualcosa di negativo

Viene da sé, quindi, che con il termine “hacker” si identifica un individuo, esperto di informatica e programmazione, con accezioni positive. Inoltre, anche nella definizione della Treccani, il nome viene affiancato al termine “etico”.

Erroneamente, infatti, noi confondiamo la parola hacker con cybercriminale. Queste, in realtà, sono due figure diverse. Un cybercriminale è un hacker, ma non tutti gli hacker sono cybercriminali.

Chi sono gli hacker etici

Gli hacker, quindi, quelli veri, non hanno cattive intenzioni. Ma, siccome con il tempo questa parola è stata sempre più spesso associata a qualcosa di negativo, è arrivata, a un certo punto, l’esigenza di “aggiungere” etico. Ciò per riportare il giusto prestigio alla parola hacker.

Gli hacker etici mettono le loro conoscenze e competenze al servizio della comunità. Il loro obiettivo è quello di assicurare una sicurezza collettiva, e non quello di minarla.

Spesso gli hacker etici lavorano per le aziende o per altre infrastrutture. Il loro lavoro consiste nel “testare” le difese, trovandone i punti deboli, gli stessi punti deboli che il cybercriminale potrebbe trovare e sfruttare a suo vantaggio.

L’attività dell’hacker etico è legale?

Nonostante gli hacker etici compiono le proprie azioni a fin di bene, la loro attività è ancora oggetto di numerose controversie.

Anche se a fin di bene, non sempre le attività degli hacker etici sono legali

Questa figura professionale, sebbene sia spesso già inserita direttamente nell’organico di aziende e governi, non è riconosciuta a livello normativo.

Spesso nel compiere il loro lavoro, infatti, finiscono per compiere (anche se a fin di bene) azioni illegali. Le loro azioni entrano spesso nella sfera della libertà d’espressione, politica commerciale, privacy e tutela del consumatore.

Un attestato per gli hacker etici

Per ovviare a questo problema si è pensato di creare un attestato che permette agli hacker etici di compiere il proprio lavoro. Tale attestato prende il nome di Certified Ethical Hacker ed è promosso dall’International Council of Electronic Commerce Consultants.

Questa organizzazione ha l’obiettivo di formare professionisti nel campo della sicurezza informatica ed è attualmente attivo in 60 paesi.

La nazionale italiana di hacker etici

Vista l’importanza di questa figura professionale sono nate anche diverse gare e competizioni. Tra queste ci sono anche competizioni internazionali e, perciò, anche delle nazionali di hacker etici.

Nazionale italiana hacker

Tra i vari campionati vi sono i Campionati Europei di Cybersicurezza. I campionati sono organizzati dall’Enisa, l’Agenzia dell’Unione Europea per la Cybersicurezza.

Nel corso del campionato si testano le conoscenze e le competenze dei partecipanti. Queste sono la crittografia, la sicurezza web, l’analisi forense dei computer e dei dispositivi mobili e la sicurezza dell’hardware.

La nazionale italiana di hacker etici, composta da un gruppo di ragazzi tra i 16 e i 23 anni, è arrivata terza ai Campionati Europei di Cybersicurezza 2021.

Siamo soddisfatti perché la nazionale italiana ha dato il massimo. L’impegno dei nostri ragazzi è testimoniato dal fatto che, alla chiusura delle classifiche pubbliche, l’Italia era la prima squadra”, racconta Paolo Prinetto, direttore del laboratorio nazionale di Cybersicurezza.

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