Progresso tecnologico e povertà

Il progresso tecnologico sta aumentando o diminuendo la povertà nel mondo?

Il gap che divide i poveri e i super ricchi è strettamente correlato al progresso tecnologico e ha quest’ultimo contribuito ad incentivarlo?

Le teorie in realtà sono diverse e discordanti.

Immaginiamo un futuro distopico, che mira all’utopia, ma che ricade nei più crudi vizi della natura umana, come quello presentato da Ready Player One.

La disuguaglianza economica è evidente, i poveri ammassati nelle cataste, come topi in una discarica, e i ricchi comodi nei loro palazzi.

Eppure la tecnologia non manca mai, nemmeno tra i poverissimi, è preferibile acquistare l’ultimo visore per la realtà virtuale, piuttosto che un pezzo di pane.

Sembra insensato e impensabile, ma altro non è che il nostro presente reale. Non importa se a fine mese non arriviamo a pagare le bollette o se racimoliamo la cena a stento, se guardiamo nelle tasche di ogni super-povero ci sarà comunque un telefono costoso.

E intanto i super-ricchi del mondo altro non sono che gli stessi fautori del progresso tecnologico.

Ma allora siamo propensi a dire che il progresso tecnologico ha provocato questo profondo divario o è solamente l’ultima goccia di un processo che avrebbe avuto luogo comunque?

Silicon Valley

C’è chi sostiene che per capire il divario che si è velocemente creato nel mondo basti andare nella Silicon Valley, l’utopica vallata californiana, culla di tutte le tecnologiche più avanzate che l’uomo è stato in grado di realizzare fino ad ora.

Silicon Valley

Gli uomini più ricchi del mondo vivono qui e questa manciata di città (sono ben 20 che la compongono) a due passi da Los Angeles traina da sola metà del paese.

 

Il reddito medio si attesta a 94.000 dollari, di molto superiore a quello nazionale di 53.000 dollari. Eppure la contea di Santa Clara, il cuore pulsante della Silicon Valley, registra un tasso di povertà del 19%.

E passeggiando per Palo Alto, a due passi dalle sedi delle più grandi multinazionali tecnologiche del mondo, non troveremo una panchina libera, perché tutte sono occupate dai senzatetto.

Mentre a San Josè, ad appena 20 minuti da Palo Alto, ci imbatteremo nella “giungla” il più grande accampamento di senzatetto del paese, appena fuori la sede di Adobe.

Russell Hancock, presidente di Joint Venture Silicon Valley, associazione per lo sviluppo regionale, descrive così lo scenario a cui ogni giorno assiste: “La Silicon Valley è uno sguardo al futuro che stiamo creando e ciò che vediamo è davvero inquietante.

Molti di quanti si sono arricchiti con il recente boom tecnologico, non sembrano preoccuparsi del “pasticcio” che stanno creando. La ricchezza della Silicon Valley è prodigiosa come sempre.

Ma quanto abbiamo utilizzato per realizzare il boom tecnologico, non è servito a “sollevare le barche”. Solo alcune. Non funziona più come un tempo. All’improvviso si vede che la gente è sconvolta”.

Il resto del mondo

La Silicon Valley è solo una finestra sul futuro che attende il mondo intero. Uno specchio distorto e accentuato di quei piccoli focolai che nel globo iniziano ad allargarsi.

Anche nel resto degli Stati Uniti e in Europa la disuguaglianza tra poverissimi e super-ricchi sta vertiginosamente aumentando. E sono molti quelli che incolpano per ciò la corrente rivoluzione industriale.

Rivoluzioni industriali

Molti lavori stanno scomparendo e solo chi ha le capacità e la possibilità di ritagliarsi un posto di lavoro tra l’élite sarà veramente fortunato e appagato.

 

Non stiamo semplicemente parlando di macchine che rubano il lavoro agli esseri umani. Ma di qualcosa di più profondo che si insinua nella natura umana e ne muta la conformazione sociale.

Sono le piccole imprese che scompaiono, per lasciare il posto alle multinazionali e le esigenze che velocemente cambiano e le competenze umane non riescono a stare al passo.

È una visione sul futuro che stiamo creando, quello che ritenevamo rilegato alla fantascienza e che, invece, stiamo trasformando in realtà.

Tutte quelle storie su un futuro distopico governato non più dai cittadini ma dalle multinazionali, alle quali ogni singolo stato deve sottostare. È il futuro raccontato, ad esempio, dal telefilm netflix, Continuum.

Un futuro governato da potenti multinazionali che i ribelli cercano di cambiare. È questo il futuro che stiamo creando, ma è davvero lì che vogliamo arrivare?

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