La tecnologia e l’innovazione sono incredibili perché uniscono mondi completamente diversi, che sembrano distanti anni luce l’uno dall’altro, ma che inverosimilmente si fondono armoniosamente. Ogni aspetto della nostra vita è dominato dalla tecnologia, sembra incredibile trovarla in casa, in vacanza, a lavoro, nella natura, nella storia. Ad esempio un connubio, che incredibilmente si sposa armoniosamente, è quello tra l’intelligenza artificiale e l’archeologia.
L’archeologia
L’archeologia è la scienza che studia le civiltà passate, attraverso la raccolta sul campo di materiale e la ricostruzione di esso. Stiamo parlando di architetture e manufatti, ma anche degli stessi resti umani. Nel corso degli anni l’archeologia è stata fondamentale per ricostruire il passato della civiltà umana, soprattutto di quelle epoche dalle quali non è giunta fino a noi alcuna testimonianza scritta.
Eppure il lavoro dell’archeologo non è così semplice. Spesso si passa una vita intera per una sola grandiosa scoperta. E fare un ritrovamento non è nemmeno tutto, ma solo l’inizio di un lungo ed arduo percorso. Il lavoro più complicato arriva dopo, ricostruire i reperti trovati, collocarli nello spazio e nel tempo, nella giusta civiltà, nel perfetto periodo storico, mettere insieme i piccoli pezzi, fino a comporre il quadro generale della scoperta.
L’aiuto dell’intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale, ancora in fase di sviluppo ma già impegnatissima, è un’invenzione stupefacente quanto spaventosa. Tra i tanti impegni vi è appunto proprio quello dell’archeologia. Soprattutto nel corso degli ultimi mesi, infatti, l’IA si è vestita da archeologo e, al fianco dei colleghi umani, ha fatto scoperte sensazionali.
Al British Museum di Londra, ad esempio, l’algoritmo ideato dai ricercatori dell’Università di Haifa, si allena sui reperti conservati in uno dei più grandi musei del mondo.
Mentre ArchAide, l’intelligenza artificiale archeologa italiana, ha recentemente terminato i test e si appresta a entrare all’opera.
L’algoritmo di Haifa
Spesso gli archeologi si ritrovano davanti a reperti altamente danneggiati, che arrivano a contare migliaia di pezzi, sparsi per un territorio più o meno vasto e, magari, mescolati con pezzi di altri reperti. Per risolvere l’intrigato puzzle un cervello umano, o una squadra di cervelli umani, ci impiega mesi, se non anni. Tanto più che il puzzle è reso ancor più complicato dal logorio del tempo.
Per fortuna l’intelligenza artificiale lavora a ritmi insostenibili per un corpo umano, promettendo di ridurre drasticamente i tempi e facilitare il lavoro degli archeologi.
L’algoritmo realizzato dai ricercatori dell’Università di Haifa, in Israele, si occuperà proprio di ricomporre questi puzzle. Attualmente è in corso il suo “training”, per conferirgli definitivamente la qualifica di archeologo.
L’algoritmo si trova al British Museum di Londra, dove sta testando le sue reali capacità. Esso è stato messo alla prova, prendendo diversi reperti conservati all’interno del museo, spezzati digitalmente in migliaia di pezzi e dati all’algoritmo da rielaborare.
Probabilmente, presto, sarà il momento di sfidarlo con un vero puzzle da risolvere, dal quale l’essere umano non è ancora riuscito a venire a capo, entrando definitivamente nel campo dell’archeologia. “I reperti archeologici sono spesso rotti, i frammenti erosi. Per un algoritmo è una vera sfida ricostruire l’oggetto”, spiega Niv Derech, uno degli autori dell’IA.
L’archeologia di ArchAide
Il Laboratorio Mappa del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, ha, invece, realizzato un’app archeologo, ArchAide. La realizzazione del progetto è durata tre anni e ha coinvolto 35 ricercatori, informatici, designer, video makers, provenienti da nove diverse università, in Italia, Germania, Gran Bretagna, Spagna e Israele.
L’applicazione funziona un po’ come un riconoscimento facciale. Basterà scattare una foto a una ceramica, in qualsiasi luogo del mondo, per riconoscerla e condividere informazioni in tempo reale con altri ricercatori o semplici appassionati.
“Più dati si immettono nel sistema, più diventa accurato il riconoscimento, per questo motivo l’obiettivo adesso è diffondere l’uso della app”, spiegano i coordinatori del progetto.
C’è ancora molto da scoprire su questo pianeta sulla nostra civiltà, un aiuto in più è sempre gradito.
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